Dieta Gesti quotidiani che regalano benessere
Una tazzina di caffè per salvaguardare la salute del fegato
Recenti studi dimostrerebbero come consumare questa bevanda apporti benefici all'organismo anche in termini di diminuzione del rischio di disturbi epatici

Dopo l’acqua, il caffè rappresenta la bevanda più diffusa nel mondo, con un consumo di quasi 1,6 miliardi di tazzine al giorno, ed una media di 1,3 kg a persona all’anno. In Italia gli estimatori sono davvero numerosi - il nostro Paese occupa il 12° posto nella classifica mondiale - e per rendersene conto è sufficiente entrare al mattino in uno dei tanti bar distribuiti lungo la Penisola.
Non tutti sanno però che il caffè apporta alcuni benefici al nostro organismo: diversi studi scientifici, infatti, assocerebbero il consumo di caffè a un effetto positivo nei confronti di malattie croniche quali diabete, malattie cardiovascolari e neurodegenerative. Nel corso degli ultimi 20 anni, un numero crescente di questi studi si sono focalizzati sul ruolo protettivo che questa bevanda riveste anche nei confronti del più grande organo del corpo, il fegato.
Uno studio del 2014, segnalato dall’ISIC (Institute for Scientific Information on Coffee), effettuato su più di 162.000 individui, ha rilevato una interessante associazione tra il consumo di caffè e la riduzione del rischio di epatocarcinoma (HCC) e della malattia epatica cronica (CLD). Rispetto ai non bevitori, gli individui che assumevano 2-3 tazzine di caffè al giorno, avrebbero mostrato il 38% di probabilità in meno di sviluppare l’epatocarcinoma e il 46% di probabilità in meno di sviluppare la malattia epatica cronica; tali valori salivano rispettivamente al 41% e al 71% aumentando il consumo di tazzine di caffè a 4 o più al giorno.
«E’ già da anni che sono state raccolte numerose evidenze molto interessanti circa le proprietà protettive che vari componenti del caffè esercitano nei confronti del rischio di tutta una serie di patologie epatiche – spiegano gli esperti di S.I.S.A. (Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione) - Ad esempio, un consumo regolare di caffè sembrerebbe aiutare a prevenire i danni provocati al fegato dall’abuso di alcool e dal fumo di sigaretta, oltre che migliorare i test di funzionalità epatica e prevenire le cirrosi, alcoliche e non-alcoliche. Molti sono infatti gli studi epidemiologici che da anni hanno evidenziato una correlazione inversa, non solo fra consumo regolare di caffè e cirrosi epatica, ma anche fra caffè e rischio di calcolosi biliare, in quanto il caffè stimola lo svuotamento della colecisti: quest’ultimo effetto sembra essere dose-dipendente, ma sembra anche scomparire se si superano i 300 mg/die di caffeina. I due nuovi lavori riportati non fanno che confermare questo quadro, anche se l’aumento dell’effetto favorevole, all’aumentare delle tazzine consumate, va enunciato con cautela e sottoposto a verifica sperimentale».
Continuano gli specialisti: «Anche da una metanalisi pubblicata nel 2013 su Gastroenterology, emergeva una relazione inversamente proporzionale fra consumo di caffè e rischio di sviluppare un tumore epatico, effetto che sarebbe legato alla azione dei diterpeni cafestolo e kawheolo e delle melanoidine; una rassegna sistematica pubblicata nel 2014 su Liver Int. dimostra come il consumo di caffè migliori i livelli ematici delle transaminasi in modo dose-dipendente, rallenti la progressione della cirrosi negli epatopazienti cronici, migliori la risposta alla terapia antivirale nell'epatite C cronica, e sia correlato in maniera inversa alla severità della steatoepatite in pazienti con steatosi epatica non-alcolica».
Concludono gli esperti: «E’ sintomatico, infine, il modo nel quale gli autori di quest'ultimo lavoro (Saab, Mallam, Cox e Tong) concludono, senza mezzi termini, la loro relazione: nei pazienti con malattie croniche del fegato il consumo quotidiano di caffè andrebbe incoraggiato».